Non si hanno notizie precise sull’origine e la storia della Confraternita ma è indubbio che ebbe le proprie radici nella antica Compagnia laicale di Santa Croce, vestente cappa nera, di cui è noto il possesso di un oratorio sin dal 1323.

Le memorie scritte precedenti al 1553 sono rarissime perché in quell’anno il Castello di Sinalunga ebbe a patire saccheggi ed incendi per la guerra fra la Repubblica di Siena e le truppe tedesche e spagnole di Carlo V.

Si trova che, dopo quest’epoca, la Compagnia ebbe vari legati e possedeva campi e case; aveva Statuti propri con cui si governava, più volte riconosciuti e sanzionati dalle superiori autorità della Repubblica Senese e da quelle Ecclesiastiche. Nel 1562 questi Statuti furono redatti e scritti dal Prete Messer Antonio Tosi. Le donne fin dal principio fecero parte della Compagnia e nel 1593 formarono un corpo a parte, con amministrazione separata, governato da una Priora e da una Camarlinga; della loro gestione davano conto al capo dell’Associazione. Il Generale Consiglio dei Fratelli eleggeva tre Priori ed il Camarlingo. Altri ufficiali inferiori erano: due Sindaci, due Massari, lo Scrittore, due Sagrestani e quattro Mazieri. Di questa Associazione facevano parte le persone principali del paese e, per quanto si rileva dalle memorie esistenti, esercitò in ogni tempo opere di cristiana carità.

Le leggi Leopoldine del 1785 soppressero tutte le Compagnie Laicali della Toscana ed i loro beni devoluti agli Spedali ed Enti indicati da quelle leggi. Nel 1793 gli antichi fratelli di S. Croce ottennero un decreto di ripristinazione della loro Compagnia. Il colera affliggeva molte parti d’Italia e le Autorità Governative sollecitarono i fratelli di S. Croce a provvedere più largamente al soccorso dei poveri infermi; nell’adunanza del 2 settembre 1836 i fratelli approvarono un nuovo regolamento destinando il prodotto delle questue, fino allora erogato in sacre funzioni, al soccorso dei poveri ammalati e miserabili della cura di S. Martino. Cominciò così l’esercizio di vere e proprie opere di Carità con efficace successo.

Nove fra i più insigni cittadini di Sinalunga fecero istanza al Granduca di Toscana affinché l’antica Compagnia fosse eretta in Confraternita di Misericordia con diritti e privilegi di consimili istituti e ne presentarono le Costituzioni. Con Granducale rescritto del 6 settembre 1837 fu accolta la domanda ed approvate le proposte Costituzioni, compilate dal Canonico Don Luigi Amidei. Con decisione del Consiglio di Stato le Confraternite di Misericordia della Toscana furono dichiarate Opere Pie e come tali sottoposte alla Legge 3 agosto 1862. Con Decreto Reale del 20 febbraio 1872 dato a Napoli da Vittorio Emanuele II e controfirmato dal Mi nistro dell’Interno G. Lanza, fu definitivamente approvato lo Statuto Organico della Venerabile Confraternita di Misericordia di Sinalunga che, con la successiva Legge “Crispi” del 17.7.1890, acquisiva lo stato giuridico di Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza che tuttora conserva.”

Tratto dalla “Cronaca della Ven. Confraternita della Misericordia di Sinalunga” redatta da Luigi Agnolucci (1832-1927) e pubblicata nel 1914.

Nel 1851 la Confraternita acquistava un piccolo appezzamento di terreno in località S. Niccolò, una amena collina da cui si domina tutta la Val di Chiana, per costruirvi un proprio Cimitero.
Inizialmente per dare degna sepoltura alle spoglie dei Fratelli ascritti al Sodalizio. Con lo Statuto Organico del 1872 ne fu consentito l’accesso a tutti i Cittadini divenendo ben presto il Cimitero più grande ed importante tra i sette esistenti nel Comune.